MBA: il management by stress come via italiana verso l'efficienza

Pubblicato il 7 gennaio 2025 alle ore 19:58

Verso la via italiana della nuova efficienza organizzativa, e il Management by Stress (MBS) è servito. 

Non è nuova la gestione delle risorse umane fondata sull'inoculazione del germe dello stress (o per meglio dire, del distress), fin dai tempi in cui al fiorire delle realtà industriali e produttive di mobbing & co non se ne sentiva nè poteva sentir parlare. 

Anche in questa fattispecie di leadership distruttiva vi sono dei denominatori comuni che riconducono il tutto ad un medesimo schema: in azienda devono vigere efficientismo, pragmatismo, spinta alla produttività, orientamento alla riduzione dei costi del personale, a massimizzarne prestazioni e profitti. La cultura d'impresa fonda le sue radici nella visione del lavoro come sacrificio, fatica, tensione, presenza fisica indefinita nel tempo in nome del presidio e controllo del ruolo e funzione, in un clima dove occorre guardarsi tanto dalla concorrenza esterna quanto dalla competizione interna fra colleghi, scetticismo verso modelli e idee gestionali nuove, con tanto di sollecito stile militaresco\dittatoriale: fai, muoviti, non pensare. Già, pensare fa perdere tempo.  

In tutto questo, il ruolo del manager: deve obbedire allo schema, e per farlo, ricondurre il lavoro a un vero e proprio campo di battaglia, con ansia e incertezza del domani (riga dritto, se no...), uno stress prolungato, silenzioso, opaco, omertoso, stile "criceto che corre nella ruota" in un obbligo a ripetere di correre e fare senza pensare. Le c.d. deleghe sono in realtà finzioni: si delegano compiti e doveri, responsabilità, ma senza dare autonomia per la loro risoluzione: una bella trappola! Proprio come il criceto che corre, ma è pur sempre in una gabbia!

Un pressing quotidiano che rende le persone schiave del lavoro, anzichè protagoniste dello stesso con il proprio apporto, sia esso tecnico, manuale o intellettuale. Un rapporto verticale, che nulla a che vedere con l'orizzonte della linea retta in cui trovano spazio il confronto e la condivisione. 

Una visione del lavoro ancora oggi troppo presente, seppur anacronistica: i c.d. valori, relegati a mere declaratorie nei siti web o nei documenti aziendali, sono in realtà tenere la forza lavoro sotto costante pressione, in perenne tensione, disprezzando chi non sta al passo o non sposa l'idea che il lavoro sia o debba essere solo sacrificio. Uno stile imprenditorial-manageriale che viene portato avanti dai guardiani dell'efficienza, i veri manager addetti al controllo e salvaguardia del modello. 

E qui, iniziano i problemi dell'essere umano al lavoro: gestire la propria e altrui aggressività. 

La Direzione del Personale, non è una Direzione per il Personale, perchè assorbita dal ruolo di comando e controllo: più spazio all'esecuzione operativa, meno a dare attenzione alle persone. Una sorta di hub del vecchio ufficio tempi e metodi. 

Perchè, oggi, è sufficiente aprire il proprio profilo LinkedIn per ritrovarsi maree di post di quanti finalmente fanno coming-out e dichiarano, senza timore, il proprio malessere sul lavoro? Semplicemente perchè, oggi, le realtà di lavoro sono divenute ancora più dure e violente: un quadretto disfunzionale, malato, ma favorito dagli attori organizzativi che dovrebbero invece prevenirlo. 

Ecco perchè mai come ora si sente parlare di benessere organizzativo: perchè le persone al lavoro stanno male ed hanno assunto la consapevolezza che questo non sta più bene con un concetto di dignità personale e morale in linea con i tempi.

Stavano meglio gli schiavi, perchè sapevano di essere schiavi.  

L'esercizio della violenza sul luogo di lavoro ha trovato terreno fertile nella nostra micro-società organizzativa contraddistinta da fenomeni di cui non vi è chiara e distinta consapevolezza: la controdipendenza e il sabotaggio volontario, e vari comportamenti controproduttivi dove i valori reali, e non declarati, sono lotte interne, pressioni interpersonali, fare e non pensare. In sostanza, esattamente ciò che è causa di disfunzioni emotive e relazionali declinate nelle varie forme di bossing, mobbing, stalking, etc... 

La letteratura ha individuato alcune tematiche di base e ricorrenti che sono causa, radicano e diffondono il Management by Stress:

  • distorsione del vissuto del tempo: velocizzare, senza fine e senza sosta
  • sottovalutazione dell'assessment psicologico delle risorse umane che porta a individuare come responsabili persone che non sono adeguate al ruolo
  • la dipendenza dal lavoro, per ragioni economiche, che mettono il lavoratore in perenne stato di tacita sofferenza 
  • aspetti umani e di business che si fondono in un unicum: l'essere umano è solo un mezzo, una ruota dell'ingranaggio
  • il costo umano del Business Process Reengineerings (BPR) che si trascina la gestione dei "survivors"
  • sottovalutazione di approcci e metodologie validi e validati per aiutare realmente le persone in difficoltà lavorativa
  • il voler nascondere la testa sotto la sabbia anche dinanzi alla piena consapevolezza del danno che un manager, anche tecnicamente bravo, ma psicologicamente instabile, può silenziosamente creare all'organizzazione e ai lavoratori
  • negare l'esistenza nel lavoratore di aspetti emotivi legati al lavoro, pensando ad esso come un robot incapace di "sentire"
  • ignorare ancora come si gestisce efficacemente la leadership, quali sono le caratteristiche del manager e del management "sano"
  • indisponibilità a gestire i conflitti distruttivi sul lavoro, considerando con indulgenza gli aggressori
  • incapacità nel gestire il contratto psicologico tra individuo e organizzazione, modulando la distanza fra persona e lavoro
  • sottovalutare l'opportunità di offrire alle persone la possibilità di un reale bilanciamento vita\lavoro (work life balance)
  • mancanza di volontà nel gestire concretamente le differenze individuali sul lavoro
  • mancata consapevolezza degli effetti aberranti che ambienti di lavoro malsani e malamente gestiti possono avere sui lavoratori
  • perdurare nel non concettualizzare le organizzazioni come sistemi aperti e dinamici, e non come navi ancorate saldamente al solito vecchio porto